SUCCESSIONE: DEMENZA DEL DE CUIUS E VALIDITÀ DEL TESTAMENTO DA LUI REDATTO
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2687/2019, è tornata a pronunciarsi in tema di incapacità a testare precisando che l’onere probatorio è in capo a chi afferma la validità del testamento, il quale dovrà dimostrare che lo stesso è stato redatto in un momento di lucidità.
La Corte ha sottolineato come, ai sensi dell’art. 591, comma 2, n. 3, del c.c., la prova dell’incapacità del testatore deve esistere al momento dell’atto e non genericamente al tempo dell’atto.
Nel caso di specie la Corte di merito aveva deciso di definire il giudizio applicando la regola della presunzione di capacità quando, invece, sarebbe spettato alla parte che affermava la validità del testamento l’onere di provare che il decorso della malattia non aveva ancora raggiunto lo stadio dell’incapacità al momento della stesura della scheda testamentaria.
La Cassazione ha, quindi, ritenuto opportuno affermare il principio di diritto per cui “in tema di incapacità di testare a causa di incapacità di intendere e di volere al momento della redazione del testamento, il giudice del merito può trarre la prova dell'incapacità del testatore dalle sue condizioni mentali, anteriori o posteriori, sulla base di una presunzione, potendo l'incapacità stessa essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova; conseguentemente, quando l'attore in impugnazione abbia fornito la prova di una condizione di permanente e stabile demenza nel periodo immediatamente susseguente alla redazione del testamento, poiché in tal caso la normalità presunta è l'incapacità, spetta a chi afferma la validità del testamento la prova della sua compilazione in un momento di lucido intervallo”.