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SEPARAZIONE: L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO NON SPETTANTE VA RESTITUITO?

La Cassazione, con l’ordinanza n. 31635/2023, è tornata a pronunciarsi sulla ripetibilità delle somme versate a titolo di assegno di mantenimento nel caso in cui venga accertata l’inesistenza "ab origine" dei presupposti per riconoscimento dell’assegno di mantenimento.

Nel caso di specie, un uomo impugnava dinanzi alla Cassazione la sentenza d'appello con la quale la Corte di Appello aveva sancito l'irripetibilità delle somme da lui corrisposte alla moglie a titolo di mantenimento. Somme che, a dire dell’uomo, non avevano una funzione alimentare dato che la donna, secondo gli accertamenti del tribunale, lavorava da anni ed era risultata proprietaria di beni immobili.

Richiamando le Sezioni Unite, i giudici della Cassazione hanno affermato che "nel caso in cui si accerti nel corso del giudizio (all'interno della sentenza di primo o secondo grado) l'insussistenza ab origine (quindi non per fatti sopravvenuti), in capo all'avente diritto, dei presupposti per il versamento dell'assegno di mantenimento separativo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della condictio indebiti ( ossia l’azione di ripetizione dell’indebito tesa ad ottenere la restituzione in natura di quanto è stato dato o la corresponsione dell'equivalente) pertanto, non vi sono ragioni per escludere l'obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite, ai sensi dell'art. 2033 c.c.

Per cui, conclude la S.C., cassando la sentenza con rinvio, "il riconoscimento dell'originaria insussistenza dei presupposti per il versamento del contributo di mantenimento già riconosciuto in sede presidenziale determinava, quindi, la piena ripetibilità delle somme versate a tale titolo, a prescindere dal fatto che la richiedente avesse agito con mala fede o colpa grave".