RESPONSABILITÀ DEL PROMOTORE FINANZIARIO: LA BANCA RISPONDE IN SOLIDO?
Con una recente sentenza del 28.11.2021, il Tribunale di Frosinone ha ribadito, conformandosi alla giurisprudenza maggioritaria, la solidarietà tra la banca e l'operatore finanziario se questi agisce nell'ambito del suo incarico
Nel caso di specie, un promotore finanziario, che aveva ottenuto mandato da un suo cliente per la conclusione di alcune operazioni finanziarie aveva ricevuto da quest’ultimo assegni per oltre 80.000, senza mai versare le relative somme sul conto di questi. Gli eredi convenivano quindi in giudizio sia il consulente che la banca (che gli aveva affidato l'incarico) per ottenere il rimborso delle somme indebitamente sottratte e il risarcimento del danno patrimoniale e del danno morale.
A sostegno della propria decisione, i giudici di merito hanno citata, inter alia, la sentenza della Corte di Cassazione penale sez. V, n. 32514/2020, con cui i giudici della Suprema Corte hanno stabilito che: "le banche e le imprese di investimento rispondono solidalmente, ai sensi dell'art. 31 d. lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, e a titolo di responsabilità indiretta, ex art. 2049 c.c., dei danni arrecati a terzi dal promotore finanziario incaricato per l'offerta fuori sede, quando l'illecito sia stato agevolato o reso possibile dalle incombenze demandate allo stesso, sulla cui attività l'ente abbia avuto la possibilità di esercitare poteri di direttiva e di vigilanza".
La responsabilità solidale della banca per il fatto illecito del consulente finanziario, quindi, è stata ricondotta, dalla giurisprudenza, nell'alveo della responsabilità del committente ex art. 2049 c.c., il quale recita: “I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”.
Necessario e sufficiente affinché venga riconosciuta la responsabilità solidale è l’esistenza del cd. “rapporto di occasionalità necessaria” tra la condotta antigiuridica posta in essere dall’agente e le incombenze che gli erano state affidate dal preponente, nel senso che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se il dipendente (o, comunque, il collaboratore dell’imprenditore) abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli.