PERMESSI LEGGE 104: C’È ABUSO SOLO SE MANCA IL NESSO TRA L’ASSENZA DAL LAVORO E L’ASSISTENZA AL DISABILE
I permessi previsti ai sensi dell’art. 33 della legge 104 possono essere riconosciuti ad un lavoratore per assistere un familiare disabile.
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12032/2020, ha avuto modo di pronunciarsi in ordine ai casi in cui ci si trovi di fronte all’abuso o all’uso improprio di tali permessi.
La questione era nata dopo che, all’esito di entrambi i gradi del giudizio di merito, era stata ritenuta insufficiente la prova fornita dal datore di lavoro in relazione alla supposta fruizione abusiva dei permessi ex art. 33 della legge 104 da parte di una dipendente.
In conseguenza di ciò, l’azienda aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, ma i Giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte territoriale, nel dar conto della giurisprudenza di legittimità, la quale richiede che i permessi vengano fruiti in coerenza con la loro funzione, nonché in presenza di un nesso causale con l’attività di assistenza, abbia applicato correttamente le regole di giudizio che presiedono tale materia, escludendo il difetto di buona fede e di disvalore sociale connesso all’abusivo esercizio del permesso da legge 104, atteso che, a suo giudizio, la lavoratrice non aveva approfittato del permesso per svolgere delle attività rispondenti ad un proprio esclusivo interesse.
In sostanza, “soltanto ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo che genera la responsabilità del dipendente”.