PENSIONE DI REVERSIBILITA’: LA CONVIVENZA PREMATRIMONIALE RILEVA?
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21997/2024, è tornata a pronunciarsi sul tema della ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite.
Nel caso di specie, Tizia chiedeva al Tribunale di Velletri di determinare nella misura del 65% del totale la propria quota di reversibilità della pensione erogata dall’INPS all’ex coniuge, Caio, in concorso con il coniuge superstite di Caio, Mevia. Il Tribunale di Velletri attribuiva a Tizia la quota del 30% ed alla resistente Mevia il 70% della pensione, la quale impugnava detta sentenza dinanzi alla Corte di Appello di Roma chiedendo il riconoscimento della quota del 95% della pensione di reversibilità.
La Corte di Appello di Roma accoglieva parzialmente l’appello principale e riconosceva in favore di Mevia la quota dell’85% della pensione di reversibilità, in ragione della maggior durata della convivenza matrimoniale.
Avverso questa sentenza Tizia proponeva ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale nel rigettare il ricorso, ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata bilanciando il criterio principale della durata dei rispettivi matrimoni con i criteri correttivi della durata della convivenza prematrimoniale, delle condizioni economiche ecc. La convivenza more uxorio assurge quindi a distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale.
La mancata considerazione di qualsiasi correttivo nell'applicazione del criterio matematico di ripartizione renderebbe, infatti, possibile un esito paradossale in cui il coniuge superstite potrebbe conseguire una quota di pensione del tutto inadeguata alle più elementari esigenze di vita, mentre l'ex coniuge potrebbe conseguire una quota di pensione del tutto sproporzionata all'assegno in precedenza goduto, senza che il tribunale possa tener conto di altri criteri per ricondurre ad equità la situazione.