LA MOGLIE CHE LAVORA IN NERO NON HA DIRITTO ALL’ASSEGNO DIVORZILE
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5603/2020, si è pronunciata in materia di assegno divorzile, stabilendo che, alla luce dei nuovi principi espressi in materia, non possa essere riconosciuto il diritto di percepirlo in capo all’ex moglie di cui non sia provato il guadagno ottenuto lavorando in nero. Ciò si riferisce ad una causa di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella quale il Tribunale aveva riconosciuto all’ex moglie il diritto ad un assegno mensile divorzile di € 300,00. Successivamente la Corte d’Appello confermava quanto disposto dal giudice di prime cure, rilevando come il marito godesse di una situazione economica migliore e più stabile rispetto alla moglie che, dopo la separazione, si era ritrovata a svolgere prestazioni di manicure in modo irregolare e saltuario. L’uomo ricorreva perciò dinanzi alla Corte di Cassazione eccependo come i giudici d’appello, nel disporre l’assegno a favore dell’ex moglie, fossero stati mossi dal fine di garantirle un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. La Suprema Corte, ritenendo fondati i motivi di doglianza proposti, ha accolto il ricorso, annullando con rinvio la sentenza impugnata. Secondo i giudici di legittimità, la Corte territoriale ha applicato l’ormai superato criterio del tenore di vita goduto dal coniuge richiedente in costanza di matrimonio, non eseguendo né una valutazione comparativa delle condizioni economiche delle parti, né una valutazione in ordine al contributo fornito dalla donna alla formazione del patrimonio familiare e di quello personale dell’ex marito.