DIRITTO DI FAMIGLIA: NEGATO RICONOSCIMENTO AL FIGLIO DI COPPIA GAY CONGIUNTA IN UNA UNIONE CIVILE
Una coppia di donne omosessuali, unite da un’unione civile, ricorre in Tribunale perché si sono viste negare dall'ufficiale di Stato civile il riconoscimento del figlio naturale di entrambe. Le donne hanno avuto il bambino ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita eterologa all'estero portata avanti da una delle due, con il consenso dell'altra. Il Tribunale accoglie la richiesta delle donne e dispone la rettifica dell'atto di stato civile, ma il P.M ricorre in Corte d'Appello, che lo respinge. Successivamente, il Ministero dell'Interno e la Prefettura ricorrono in Cassazione.
In conclusione, la Cassazione afferma che "il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con l'art. 4, comma terzo, della legge n. 40 del 2004 e con l'esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto."
Pertanto, la sentenza n. 8029/2020 sancisce la legittimità del rifiuto opposto dall'ufficiale dello stato civile alla ricezione della dichiarazione di riconoscimento del figlio naturale da parte della donna che si è limitata a dare il proprio consenso alla fecondazione eterologa. Infatti, non è possibile prescindere dal divieto espresso per le coppie dello stesso sesso di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita.