DIRITTO DI FAMIGLIA: LA RESTITUZIONE DELL’ASSEGNO DIVORZILE NON DOVUTO
La Corte di Appello di Lecce, con sentenza n. 2/2022 si è pronunciata sui presupposti dell'assegno divorzile e sul diritto ad ottenere la restituzione degli importi versati qualora lo stesso non sia dovuto.
Nel caso di specie, il tribunale aveva dichiarato in primo grado la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra due coniugi ponendo a carico del marito l'obbligo di corrispondere all'ex moglie un importo di € 350,00 a titolo di assegno di divorzio. L’ex marito si opponeva alla decisione contestando la valutazione operata dal giudice sulla situazione patrimoniale della ex in quanto non avrebbe tenuto conto delle sue richieste di produzione documentale.
La Corte d'Appello, in accoglimento del motivo di impugnazione, ha ricordato l’assegno di divorzio ha natura assistenziale, perequativa e compensativa e che l'onere di provare la sussistenza di tutti i presupposti che ne giustificano la debenza è in capo al coniuge richiedente. Prove che la donna non aveva in alcun modo fornito: la stessa aveva infatti cessato la convivenza matrimoniale dopo soli 4 anni, durante i quali, nonostante la giovane età, non si era mai attivata per trovare lavoro.
Alla vicenda la Corte di Appello ritiene quindi applicabile quanto enunciato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 28646/2021 secondo cui: "L'accertamento dell'insussistenza ab origine del diritto all'assegno divorzile comporta in generale che lo stesso non sia dovuto già dalla sua iniziale attribuzione e che - pertanto - la parte che lo ha percepito sia tenuta a restituirlo sin dalla sua attribuzione".
Di recente, la Corte di Cassazione a Sezioni unite civili, con sentenza n. 32914/2022 ha affermato la ripetibilità dell'assegno versato all'ex, qualora venga escluso ab origine la sussistenza dei presupposti del diritto al mantenimento; Al contrario, non si avrebbe il diritto alla ripetizione delle somme sia se si procede ad una rivalutazione delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto sia se viene effettuata una semplice rimodulazione al ribasso.
A parere della Suprema Corte: "non si rinviene nell'ordinamento una disposizione che, sul piano sostanziale, sancisca la irripetibilità dell'assegno propriamente alimentare provvisoriamente disposto a favore dell'alimentando […] non può negarsi l'efficacia caducatoria e ripristinatoria dello status quo ante e dunque sostitutiva della sentenza impugnata propria della sentenza emessa in esito al successivo grado di giudizio, sulla base del semplice riferimento alla disciplina dettata per gli alimenti in senso proprio".
Non si tratta dunque certamente di dettare una regola di «automatica irripetibilità» delle prestazioni rese in esecuzione di obblighi di mantenimento", ma piuttosto di operare un "necessario bilanciamento" a tutela del soggetto che sia stato riconosciuto "parte debole nel rapporto".