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DIRITTO DI FAMIGLIA: IL FIGLIO VA MANTENUTO SIN DALLA NASCITA

La Suprema Corte, con ordinanza n. 28442/2023, ha affermato che il mantenimento è un'obbligazione che si collega allo status genitoriale e decorre dalla nascita del figlio a prescindere dalla data del riconoscimento.

Nella vicenda in esame, la Corte di Appello di Genova addebitava al padre riconosciuto la metà del mantenimento dovuto al figlio sin dal momento della sua nascita, decurtando da tale importo le spese sostenute dal padre putativo.

Il Giudice dichiarava altresì l'esistenza di un illecito endofamiliare a carico del padre naturale poiché quest'ultimo, una volta venuto a conoscenza dell'esistenza del figlio, aveva continuato a non adempiere ai propri doveri genitoriali.

 

Il padre riconosciuto proponeva quindi ricorso in Cassazione avverso la suddetta sentenza adducendo, quale primo motivo di impugnazione, che il Giudice di secondo grado non aveva tenuto conto del precedente riconoscimento di paternità operato dal coniuge della madre, con la conseguenza che, sino al passaggio in giudicato della sentenza di disconoscimento dello stesso, il padre naturale non era nella possibilità giudica di acquisire lo status di padre e di essere gravato dai connessi obblighi di mantenimento.

Rispetto a tale contestazione il giudice di legittimità ha osservato che "non vi è dubbio che il giudizio di disconoscimento di paternità sia pregiudiziale rispetto a quello in cui viene richiesto l'accertamento di altra paternità, a mente dell'art. 253 c.c. (Cass., Sez. U., 8268/2023). Ciò nondimeno, l'obbligo dei genitori di mantenere i figli (artt. 147 e 148 c.c.) sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsivoglia domanda, sicché tale obbligo ricorre anche per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (Cass. 5652/2012)".

In adesione a tale principio, la S.C. ha dunque respinto le doglianze del ricorrente, confermando gli esiti cui era giunta la Corte distrettuale.

Quanto al secondo motivo di impugnazione, il ricorrente contestava la decisione del Giudice di merito nella parte in cui lo stesso non attribuiva rilievo alla partecipazione economica del genitore putativo, evidenziando come, da tale contribuzione sarebbe dovuta derivare, per il corrispondente periodo, un'esenzione in proprio favore del dovere di mantenimento del figlio.

In relazione a tale gravame la Corte ha spiegato che, il quadro normativo di riferimento, non solleva chi è stato riconosciuto come padre dall'obbligo di mantenere il figlio per il solo fatto che il presunto padre, poi disconosciuto come tale, abbia già provveduto in tale senso, potendo tale circostanza incidere solo in termini di quantificazione del mantenimento.

Il Giudice di legittimità ha affermato infatti che "il contributo dato dal padre putativo poi disconosciuto non costituisce un'esenzione per chi è stato dichiarato padre dal dovere di mantenimento, fin dalla nascita del figlio, che discende dalla procreazione, ma viene in rilievo come una situazione di fatto che ha determinato una riduzione delle esigenze di mantenimento di cui il figlio aveva necessità ed alle quali gli effettivi genitori dovevano provvedere".

La Corte ha dunque respinto anche tale contestazione, precisando altresì che, la determinazione del rimborso dovuto dal genitore riconosciuto in favore dell'altro, si fonda sugli esborsi effettivamente o verosimilmente sostenuti da quest'ultimo e può avvenire anche in via equitativa, posto che il rimborso in questione ha natura indennitaria.

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