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DIRITTO DI FAMIGLIA: DIVORZIO, CHI PAGA LA SCUOLA PRIVATA AI FIGLI?

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 14564/2023, è tornata ad affrontare la questione della divisione tra i genitori divorziati delle spese per i bisogni dei figli. In particolare, nel caso di specie si trattava di stabilire da chi dovesse essere versata la retta della scuola privata della figlia alla quale il padre si opponeva.

La madre proponeva quindi ricorso, chiedendo all’ex marito il pagamento della retta scolastica.

La Corte d’Appello di Roma rigettava il ricorso, ritenendo che l'uomo non potesse essere obbligato a pagare la retta della scuola privata per la figlia, se non era d'accordo.

La Suprema Corte, investita della questione, ribaltava la decisione della Corte d’Appello, riconoscendo l’obbligo del padre di sostenere comunque le spese relative all’istruzione privata della figlia, anche in assenza di accordo o consenso.

Secondo la legge (art. 337 ter del c.c.), difatti, ciascun genitore può decidere autonomamente in merito anche alle spese di straordinaria amministrazione, senza il consenso dell’altro genitore (non affidatario). Esclusivamente in caso di “decisioni di maggiore interesse” è richiesto il necessario consenso di entrambi i genitori. Per la Corte di Cassazione, dunque, la scelta riguardante il tipo di istruzione da dare ai figli non rientrava tra queste ultime.

La madre (quale genitore affidatario) quindi ben poteva liberamente scegliere la forma di istruzione privata per la figlia, senza dover prima chiedere l’assenso del padre.

La Corte, inoltre, ribadisce che spetta al giudice controllare la legittimità delle scelte del genitore affidatario sullo stile di vita del figlio.

In particolare, il giudice deve valutare se le decisioni del genitore affidatario siano prese nell’esclusivo interesse del minore. E soprattutto, se siano proporzionate allo stile di vita ed al reddito di entrambi i genitori.

Così, secondo la pronuncia in esame, la preferenza per la scuola privata da parte di un genitore non è sindacabile dall'altro genitore che sia in disaccordo, se considerata dal giudice legittima: ossia, preferibile per i figli e compatibile con il complessivo reddito familiare.