DIRITTO DEL LAVORO: VIOLENZA DOMESTICA E LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA
Con la sentenza n. 31866 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio di grande rilevanza per il diritto del lavoro e per la tutela della dignità nei contesti professionali: un lavoratore può essere legittimamente licenziato per giusta causa anche quando la condotta che giustifica il recesso si è verificata al di fuori dell’ambiente di lavoro.
Il caso riguardava un autista di autobus condannato per gravi episodi di violenza domestica. Nonostante i fatti non fossero direttamente collegati alla sfera lavorativa, la Suprema Corte ha sottolineato l’incompatibilità tra tali comportamenti e le mansioni svolte, in particolare in ragione del contatto quotidiano con l’utenza e del ruolo di servizio pubblico essenziale ricoperto dal lavoratore.
La Cassazione non introduce automatismi, ma rafforza l’idea che alcuni comportamenti, seppur “privati”, possono incidere profondamente sul rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, soprattutto quando quest’ultimo esercita funzioni che richiedono equilibrio, affidabilità e rispetto dei diritti altrui: la tutela della dignità e dell’incolumità delle persone non si esaurisce all’uscita dal posto di lavoro. Chi opera a stretto contatto con il pubblico è chiamato a garantire, anche nella sfera personale, un comportamento coerente con i valori di responsabilità e rispetto che il proprio ruolo impone.
Questa pronuncia, accolta con favore anche da chi si occupa attivamente della difesa dei diritti delle donne, rappresenta un importante segnale culturale e giuridico: non esistono “zone franche” per condotte che minano la sicurezza e la dignità delle persone. Il diritto del lavoro, lungi dal restare indifferente, può e deve intervenire per ristabilire il giusto equilibrio nei rapporti professionali.