DIRITTO DEL LAVORO: POSSIBILE IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE IN MALATTIA?
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12994/2023, è tornata a pronunciarsi sul tema del licenziamento del lavoratore che svolga altre attività, anche lavorative, durante lo stato di malattia.
Nel caso di specie, un lavoratore chiedeva di accertare l’illegittimità del licenziamento disposto dal datore di lavoro irrogato sul presupposto che lo stesso, durante il periodo di malattia, avesse svolto attività extra lavorative incompatibili con lo stato di malattia, ostacolando o comunque ritardando la guarigione.
Il Giudice di primo grado aveva qualificato come illegittimo il licenziamento e intimato alla società la reintegrazione del lavoratore, mentre la Corte d’Appello ribaltava la decisione del Tribunale ritenendo legittimo il licenziamento per giusta causa della società datrice di lavoro in ragione della incontestata e inadempiente condotta del lavoratore.
Il lavoratore ricorreva quindi per Cassazione, la quale nel dichiarare infondati i motivi di ricorso del lavoratore e pur premettendo come nel nostro ordinamento non esista un obbligo del lavoratore in stato di malattia di astenersi da attività, anche lavorative, ha ulteriormente ribadito un principio giurisprudenziale ormai granitico sul tema: “…lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configuri violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell'ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la stessa, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio”.
Nel caso in esame, secondo la ricostruzione operata dalla Suprema Corte, i giudici d’Appello avevano correttamente applicato i predetti principi giurisprudenziali, avendo accertato in fatto una condotta inadempiente del lavoratore. Era stato acclarato, infatti, che il dipendente, nel periodo di malattia aveva tenuto comportamenti incompatibili con lo stato di malattia, integranti una condotta incauta per inosservanza delle prescrizioni mediche di "riposo e cure".
Dunque, il lavoratore aveva nei fatti ostacolato o comunque ritardato la guarigione, in violazione dei doveri di correttezza, diligenza e buona fede, integrante giusta causa di licenziamento.
In ragione delle predette ragioni, la Corte di Cassazione confermava la sentenza di secondo grado.