CONVIVENZA: VA CONTEGGIATA NEL CALCOLO PER L’ASSEGNO DI DIVORZIO
La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. n. 35385/2023 ha stabilito che la convivenza prematrimoniale rappresenta: “un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali” e in quanto tale deve essere presa in considerazione dal giudice per la determinazione dell’assegno di divorzio.
Con la Legge Cirinnà (L. 76/2016), infatti, è stata introdotta in Italia la disciplina della cd. convivenza di fatto. Secondo il comma 36 dell’unico lungo articolo di tale legge, si intendono conviventi di fatto: “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.
La convivenza tra persone eterosessuali oppure dello stesso sesso può essere attestata con un formale riconoscimento presso il Comune di residenza. Dopodiché, l’ufficio Anagrafe, una volta compiuti i dovuti accertamenti provvederà a rilasciare il certificato di residenza e lo stato di famiglia.
Questa resta una scelta della coppia che, in assenza di riconoscimento, potrà liberamente continuare a convivere. Difatti, la convivenza può essere provata con ogni mezzo, anche con dichiarazioni testimoniali.
Per essere conteggiata ai fini dell’assegno, la convivenza deve aver avuto: “i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendono anche reciproche contribuzioni economiche”, inoltre, nel calcolo dell’assegno verranno valorizzati i sacrifici e le rinunce professionali fatti dal convivente per agevolare l’altro (oltre che la coppia stessa) prima di convolare a nozze.