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COMPENSI AVVOCATO: I MASSIMI TARIFFARI SONO CONSENTITI?

La Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema e con l'ordinanza n. 2631/2021 ha affermato che è da considerarsi valido l’accordo con cui il cliente e il professionista concordano un compenso superiore rispetto a quanto previsto dai tariffari. Tale pronuncia è in linea con quanto previsto dall'art. 2233 c.c. che così recita: “Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice.

In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.

Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali”.

Nel caso in esame, un cliente conveniva in giudizio il proprio avvocato chiedendo di dichiarare la nullità dell’accordo tra di loro concluso in quanto integrante la fattispecie del patto di quota lite e la conseguente condanna del convenuto a restituire quanto percepito in più rispetto a quanto dovuto ai sensi del tariffario.

Il Tribunale adito rigettava le domande attoree perché le parti, con una scrittura successiva a quella sopra indicata, convenivano espressamente nel corso di una conversazione telefonica, di riconoscere all'avvocato la maggiore somma pattuita.

La Corte di Cassazione, investita della vertenza, ha sancito che in materia di compensi spettanti ai prestatori di opera intellettuale, il codice civile prevede una indicando in primo luogo l'accordo delle parti ed in via soltanto subordinata le tariffe professionali, ovvero gli usi, le pattuizioni tra le parti. Tale pronuncia si inserisce in un granitico orientamento della Suprema Corte che

più volte ha ritenuto valida la convenzione con cui le parti si accordano su compensi superiori al massimo tariffario.