COMODATO: LA CASSAZIONE CHIARISCE I LIMITI DEL RECESSO DEL COMODANTE
Con l’ordinanza n. 9313 del 9 aprile 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti del recesso nel comodato precario, chiarendo che in assenza di prova di un comodato stipulato per finalità abitative familiari, è legittimo il rilascio dell’immobile a semplice richiesta del comodante.
Al centro della vicenda vi è un contratto di comodato stipulato nel 2016, con cui i proprietari di un immobile – formalmente censito come deposito – ne concedevano l’uso “per le comodità personali” del comodatario, con obbligo di restituzione a semplice richiesta. Il comodatario, tuttavia, contestava la natura precaria dell'accordo, sostenendo che l’immobile fosse da tempo adibito a uso abitativo e che le parti avessero in realtà convenuto un comodato gratuito per esigenze familiari, dal quale il recesso sarebbe stato possibile solo in presenza di gravi motivi.
Il Tribunale di Locri ha accolto la domanda dei comodanti, ordinando il rilascio dell’immobile e riconoscendo un'indennità di occupazione. In appello, la Corte di Reggio Calabria ha confermato la condanna al rilascio, rigettando però la domanda risarcitoria per assenza di prova del danno. I giudici hanno ritenuto il contratto del 2016 pienamente valido e non inficiato da vizi, escludendo la simulazione e qualificando l’utilizzo precedente dell’immobile come mera tolleranza.
La Corte di Cassazione, investita della vertenza ha rigettato il ricorso promosso dal comodatario dichiarando inammissibili i motivi fondati su una pretesa “violazione o falsa applicazione di legge” – art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. – in quanto finalizzati, in realtà, a una diversa valutazione del materiale probatorio, riservata al giudice di merito. La S.C. ha ribadito che la qualificazione del contratto come comodato precario, in assenza di prova di patti diversi o di vizi del consenso, resta insindacabile in sede di legittimità.
La validità del contratto di comodato è insidiabile solo in presenza di prova di simulazione o di vizi della volontà. La destinazione abitativa di un immobile non integra, di per sé, un comodato ad uso familiare se non è formalmente provata.
L’ordinanza conferma l’importanza di una corretta qualificazione del rapporto contrattuale sin dalla sua stipula e ribadisce il principio per cui il comodatario che goda di un bene in forza di un contratto precario non può opporsi alla richiesta di rilascio se non dimostra in modo puntuale l’esistenza di un diverso accordo.